Washington D.C., Capitale degli Stati Uniti.

 

Alberto Rodriguez doveva testimoniare davanti ad una speciale Sottocommissione del Senato su una questione decisamente scottante: l’immigrazione.

Era un fatto notorio che dal Messico e da altri paesi dell’America Latina decine, centinaia, presumibilmente migliaia di disperati tentavano di attraversare la frontiera degli Stati Uniti.

Viaggiavano in condizioni proibitive, spesso ammassati come bestie in spazi angusti e molti morivano durante il viaggio e se anche sopravvivevano erano spesso sottoposti ad angherie e violenze, spogliati dei loro miseri averi dai cosiddetti coyotes.

Alcuni riuscivano nell’impresa e si disperdevano per il vasto territorio americano in cerca di migliori condizioni di vita.

Altri venivano fermai e rimandati indietro o trattenuti in campi di detenzioni spesso in condizioni disumane, i figli separati dai genitori.

Alberto Rodriguez era il leader di un’organizzazione no profit che si batteva da tempo per rovesciare questa situazione, per un accoglienza più umana e magari per un’amnistia generale che concedesse il permesso di soggiorno a chi avesse potuto dimostrare di avere un lavoro.

Questo avrebbe voluto dire al Senato ma non potè farlo perché non si presentò all’audizione.

I suoi amici e compagni, allarmati perché non rispondeva al telefono, lo cercarono dappertutto ed infine lo trovarono riverso sul pavimento della stanza che aveva preso in un hotel di Pennsylvania Avenue.

Apparentemente aveva avuto un infarto del miocardio che lo aveva ucciso in pochi minuti.

Doveva essere accaduto poco dopo il suo rientro da una cena nel ristorante dell’hotel.

Sarebbe stata classificata come morte accidentale se un medico legale particolarmente coscienzioso non avesse scoperto un minuscolo forellino all’altezza del polpaccio destro.

Avrebbe potuto scambiarlo per una banale puntura d’insetto, se non fosse che le circostanze gli avessero riportato alla mente gli anni di studio, in cui si era documentato sulla tecnica di assassinio usata dai servizi segreti del defunto Blocco Sovietico nota con il nome di ombrello bulgaro.

Le caratteristiche erano le medesime.

Il medico ordinò allora una serie di analisi il cui risultato confermò i suoi peggiori sospetti: nell’organismo di Alberto Rodriguez c’erano tracce di un derivato della ricina, un veleno potentissimo.

Alberto Rodriguez era stato assassinato.

 

 

 

 

#42

 

SEGRETI E BUGIE

di

Carlo Monni & Carmelo Mobilia

 

 

 

Villa Carter, Virginia.

 

Sharon Carter guardò le persone davanti a lei: Paladin, dal passato misterioso e dal fascino da bel tenebroso che aveva fatto colpo anche su di lei; Rachel Leighton alias Diamante, ex supercriminale che era stata a fasi alterne da un lato o dall’altro della Legge; Yukio, ninja giapponese dalla moralità elastica ed un gusto esagerato per il pericolo e le sfide impossibili.

Erano la sua squadra e con loro al suo fianco avrebbe potuto scendere anche all’Inferno e sfidare il Diavolo in persona.

<Ho un nuovo incarico.> disse Sharon <Dobbiamo recuperare un documento rubato. Saremo pagati molto bene ma se staremo attenti non correremo rischi.>

<E dov’è l’inghippo?> chiese Diamante <Perché c’è, non è vero?>

Sharon abbozzò un sorriso. Rachel non era una stupida e del resto, se non fosse stato così Steve non si sarebbe mai messo con lei. Avevano questo in comune loro due.

Inutile girarci intorno. Sharon andrò dritta al punto:

<Il nostro committente è Wilson Fisk.>

<Vuoi dire che lavoreremo per Kingpin?> esclamò Rachel < Steve non approverebbe, lo sai.>

<Steve non è qui.> ribatté Sharon <Fisk ci aveva detto che un giorno ci avrebbe richiesto un favore in cambio dell’aiuto che ci ha dato nell’affare Koch, beh quel momento è arrivato ed io non ho potuto dire di no. Se avete degli scrupoli di coscienza, potete rifiutarvi e non ve ne vorrò. Io andrò comunque anche da sola.>

<Se l’onorario è buono, e Fisk è sempre stato uno che paga bene, io ci sto.> disse Paladin.

<Io ho lavorato per Fisk in passato per Fisk e non ho avuto da lamentarmi.> aggiunse Yukio.

<A quanto pare, siamo tutti d’accordo.> commentò Diamante.

<Anche tu ti aggreghi, allora?>

<Certo. Steve non mi perdonerebbe mai se ti lasciassi andare da sola a metterti nei guai… e poi, è vero che Fisk paga bene e neanche a me dispiacciono i quattrini.>

Sharon sorrise e disse:

<Bene, ora possiamo passare ai dettagli dell’operazione.>

<Non aspettiamo Nomad?> chiese ancora Diamante <Magari ha qualcosa da dire.>

<Lui non verrà.> rispose Sharon.

Il suo tono faceva capire chiaramente che l’assenza di Jack Monroe era un argomento di cui non voleva discutere. Solo Paladin sapeva perché. [1]

Alle spalle di Sharon si accese uno schermo e vi apparve il volto di un uomo che dimostrava tra i cinquanta ed i sessant’anni, capelli castani, a parte le tempie imbiancate.

<Questo è Harry Ebbing.> spiegò Sharon <Fondatore, principale azionista e Presidente della Dynaco, una società attiva nel campo della produzione e distribuzione di energia con sede a New Orleans. È a lui che dovremo sottrarre la famigerata chiavetta.>

<Gentile eufemismo per rubare.> commentò, divertita, Diamante.

Sharon non si scompose e proseguì la sua esposizione:

<Giusto per tranquillizzarvi la coscienza, se ne avete una, Ebbing non è esattamente un santo: alcuni anni fa è stato condannato per insider trading ed altre pratiche commerciali scorrette. Una volta scontata la pena ed uscito di carcere, si è rimesso in affari. Non è chiaro dove abbia trovato i capitali per finanziare le sue nuove attività. Ci sono sospetti che le sue società riciclino il denaro dei i trafficanti di droga e di esseri umani che operano nella zona del Golfo del Messico ma finora le autorità federali e locali non sono riuscite a dimostrarlo ->

<Ho sentito parlare di Ebbing.> intervenne Paladin <La sua specialità è acquistare piccole società, quotarle in borsa aumentandone artificialmente il valore con manovre speculative e poi vendere al momento giusto lasciando i piccoli azionisti con un pugno di mosche.>

<Esatto.> convenne Sharon <Ci sono voci che sia in trattative con la Roxxon e la Kronas per cedere la sua azienda ma potrebbero essere state diffuse ad arte da lui stesso per aumentare il valore delle azioni.>

<Una sorta di Gordon Gekko[2] insomma.> disse ancora Rachel <Sapere che è quasi certamente un farabutto in guanti bianchi rende più stimolante derubarlo.>

Sharon abbozzò un sorriso mentre alle sue spalle passavano altre immagini la prima delle quali apparteneva ad un giovanotto sui trent’anni dai capelli color rame:

<Questo è Dermot Leary, il braccio destro di Ebbing.> spiegò.

<Bel ragazzo.> disse Yukio.

<Bel faccino ma anima nera, mi sbaglio?> replicò Rachel.

<Hai ragione.> convenne Sharon mentre alle sue spalle compariva la foto di una bella rossa sui venticinque anni.

<Questa è Alice, la giovane moglie di Ebbing.>

<In pratica una classica moglie trofeo. Così a occhio, direi che ha circa la metà dei suoi anni. Scommetto che l’ha sposato per i suoi soldi e che deve essere molto brava a letto.>

Sharon gli rivolse un’occhiataccia a cui lui rispose con un sorrisetto ironico.

Alle spalle della donna apparvero due nuove foto: quella di una villa nel classico stile del Vecchio Sud e quella di un grattacielo nel centro finanziario di New Orleans.

<La villa di Ebbing e la sede della Dynaco. La chiavetta che cerchiamo dovrebbe essere in uno dei due posti. Dobbiamo scoprire in quale.. Yukio e Diamante si occuperanno della villa e Paul …. Voglio dire Paladin ed io della Dynaco.>

<Un po’ mi dispiace perdere l’opportunità di sorprendere la bella mogliettina in baby doll.> commentò Paladin.

<Devi sempre fare battute stupide? Non puoi essere serio ogni tanto?>

<E rovinare il mio personaggio? Giammai!>

Sharon lo fulminò con lo sguardo e continuò:

<Ed ora veniamo al piano d’azione…>

 

 

Miami, Florida.

 

“Miami non è un brutto posto dove vivere se reggi la droga, la morte, le pistole, l’ostentazione, il sole, le donne, le sbronze e i guai” disse una volta Jack Monroe riguardo quella città.

È certo il posto migliore, se ti piace questo genere di roba.

Essendo un girovago Nomad non era tipo da tornare spesso nello stesso posto, ma dopo lo schiaffo emotivo che aveva subito, aveva bisogno di un posto da dove ripartire.

Miami era un posto buono come un altro, disse a se stesso, ma in realtà non era solo per questo motivo.

Miami rappresentava lui il posto da dove molti eventi importanti della sua vita erano cominciati.

L’incontro con Priscilla Lyons, per esempio... il suo primo, vero amore, e dove cominciò la sua guerra ai narcotrafficanti, contro Slug, prima, e con Umberto Safilios dopo.

Il genere di vermi che adorava schiacciare.

Quando il rombo della sua moto cessò Jack si ritrovò a fissare il molo e si, pensò che per lui quello rappresentava un ottimo punto da dove ripartire, ora che aveva chiuso con i giochini da spia.

Aveva cominciato per aiutare Steve, la cui opinione per lui contava ancora molto, e poi aveva proseguito perché si era innamorato di Sharon, ma dopo che lei aveva preferito quell’idiota arrogante di Paladin a lui, si era reso conto che quello non era il suo mondo e non aveva più alcun motivo per restarci.

Dare la caccia ai criminali come Slug e Safilios invece era lo scopo della suo vita, e dunque era da lì che voleva riprendere.

Riflettendo su questo, si fermò in un locale alle porte di Miami per rifocillarsi, ma non si accorse che il suo arrivo non passò inosservato: venne infatti notato da uno degli avventori.

<Incredibile. È veramente lui.> pensò l’uomo che lo fissava.

 

 

Connecticut.

 

Era l’ultimo giorno di scuola e gli allievi della Lee Academy si preparavano al ritorno a casa per le vacanze.

Tutti erano eccitati, tutti tranne Hiram Riddley e la cosa non sfuggì ad uno dei suoi insegnanti che gli si avvicinò:

<Qualcosa non va, Hiram?>

<Nulla, Professor Rogers.> rispose il ragazzo.

<Ne sei proprio sicuro?> insistette Steve Rogers.

<Beh… è che tutti hanno una casa o qualcuno a cui tornare ma io.>

La madre di Hiram era morta dopo che un rapinatore le aveva sparato. Steve capiva bene come si sentiva Hiram: anche lui aveva perso entrambi i genitori poco prima di compiere 18 anni.

<Ho saputo che una tua zia verrà a prenderti domani quindi non sei proprio solo.>

<Quasi non mi conosce. E se non andassimo d’accordo? Se non le piacessi?>

<Non credo che correrai questo rischio. Tu sei un ragazzo in gamba e se lei è come tua madre, sarà sicuramente una brava persona.>

<Speriamo.>

Parlarono ancora un po’ e poi si salutarono. Steve prese la sua auto e si diresse verso la villetta a due piani che da un bel po’ di tempo era la sua casa.

Parcheggiò nel vialetto ed entrò.

<Bentornato Rogers.> lo salutò una voce conosciuta.

Seduto comodamente su una poltrona del salotto c’era il Direttore dello S.H.I.E.L.D. Nick Fury in persona.

 

 

Virginia.

 

<Mi prometti che farai la brava e che obbedirai a Martha?>

<Si mamma.> rispose la piccola Shannon.

Sharon l’abbracciò con il tipico trasporto di chi deve lasciare la propria figlia ma non ne ha alcuna intenzione.

La nuova governante guardava intenerita. Non sapeva di preciso qual’era il mestiere di Sharon, di cosa si occupasse, ma sapeva che era molto rischioso e che ogni volta che salutava così la figlia poteva essere l’ultima.

<Posso restare alzata a guardare Gravity Falls sul tablet?>

<Non fino a tardi però, intesi tesoro?>

<Ok.>

<Al mio ritorno ti prometto che riprenderemo la nostra vacanza, va bene?>

<Ma quando torni?> chiese la piccina.

<Non lo so tesoro. Ma presto.>

<Perché non invitiamo anche papa?>

Sharon non seppe cosa rispondere. Shannon aveva saputo solo di recente che Steve Rogers era suo padre ed anche se loro due avevano preso strade molto diverse non poteva negare a sua figlia un rapporto con lui. Doveva rifletterci su.

<Forse.> si limitò a rispondere.

Le diede un altro bacio, un altro forte abbraccio e poi andò verso l’auto che l’aspettava nel vialetto, dove ad aspettarlo c’era Paladin in borghese.

<Sei pronta capo?>

<Guido io.> disse la donna, in tono autoritario.

 

 

Red Hook, Brooklyn, New York.

 

James Buchanan Barnes uscì dalla doccia e, in accappatoio, andò verso il soggiorno, dove vide Yelena Belova accovacciata sul divano, rannicchiata sotto le coperte a guardare la TV.

A vederla così, vulnerabile e tenera, non pareva possibile che quella fosse una delle donne più letali del mondo.

Spesso la sua durezza e la sua freddezza facevano dimenticare che Yelena era una donna molto giovane, con meno di trent’anni.

Buck sapeva bene che era un privilegio vederla in quello stato. Entrambi vivevano tenendo emotivamente a distanza gli altri, e avevano trovato l’uno nell’altro qualcuno con cui aprirsi e potersi lasciarsi andare.

Si avvicinò al divano e vide cosa stava guardando alla tele.

<Hockey? Sul serio?>

<Mi facevi più una tipa da balletto?> chiese la ragazza.

<No, è solo che... non lo so. Sono sorpreso.> sorrise lui.

Era raro per loro due godersi una serata da normale coppia. Per entrambi era una piacevole novità, dopo anni passati in perenne servizio.

<Ti va di andare a cena fuori?> le domandò.

<No, ordiniamo qualcosa e restiamo a casa.>

<Non ti facevo così pigra.>

<Mangiare schifezze sul divano guardando lo sport non è una tradizione americana? Mi sono adeguata.>

La loro attenzione fu richiamata da un servizio del TG, che interruppe il programma sportivo.

Il primo servizio fu dedicato all’omicidio Rodriguez.

Entrambi ebbero una sensazione di dejà vu, nel sentire la notizia.

<Il trucco dell’ombrello bulgaro.> fece notare lui.

<Senza dubbio.> ribadì lei.

<Chi poteva avere interesse ad uccidere un attivista e farlo passare per morte naturale?>

<Non noi russi. Non avremmo alcun interesse nella sua morte.>

<Ne sei certa? Eppure era una tipica esecuzione in stile KGB. Ricordo di aver ucciso un politico americano allo stesso modo, nel ’64.>

<Ne sono piuttosto sicura.> rispose di nuovo Yelena.

Bucky rimase perplesso. Aveva imparato ad assecondare il suo istinto, e quello gli diceva che quella sensazione di dejà vu che provava non era casuale.

 

 

New Orleans, Louisiana.

 

L’auto si fermò davanti un palazzo adibito ad ufficio ne scesero un uomo ed una donna vestiti elegantemente che portavano occhiali da sole firmati. Erano Paladin e Sharon Carter ma ovviamente non fu con questi nomi che si presentarono all’ingresso.

<Margaret Atwell e Paul Louis Dean.> disse Sharon <<Abbiamo un appuntamento con Mr. Ebbing.>

La ragazza alla reception fece una chiamata:

<Mr Dean e Miss Atwell per Mr. Ebbing. Devo farli salire?>

Evidentemente la risposta era stata positiva perché la ragazza disse:

<Quindicesimo piano. All’uscita dall’ascensore vi daranno un badge e sarete scortati da Mr. Ebbing.>

I due ringraziarono e si avviarono all’ascensore. Pochi minuti dopo erano al piano dove li attendeva un uomo ai cui lati c’erano due guardie in uniforme.

<Sono Dermot Leary, vi accompagnerò da Mr. Ebbing. Vi prego di mettere al bavero della giacca questi badge.>

I due eseguirono l’operazione, e seguirono Leary fino ad un ufficio. Al loro ingresso Harry Ebbing, che era seduto dietro ad una scrivania di noce, si alzò e li salutò invitandoli a sedersi mentre Dermot Leary restava in piedi accanto alla porta.

<Se ho ben capito, siete interessati alla mia azienda…>

Fu la donna a parlare per prima:

<Rappresentiamo il Gruppo HC, un fondo finanziario internazionale che sarebbe molto interessato ad investire nella sua impresa.>

Seguì una serie di chiacchiere sulla presunta trattativa ed alla fine Ebbing porse loro la mano e disse:

<Bene, Miss Atwell, Mr. Dean… posso assicurarvi che valuterò attentamente la vostra interessante proposta. Vi chiamerò al numero che mi avete dato entro lunedì per farvi sapere la mia decisione.>

Leary li scortò nuovamente, all’ascensore dove riprese i badge e gli fece firmare un registro. Pochi minuti dopo erano fuori diretti verso la loro auto.

<Quel Leary era più interessato alle tue gambe che ai tuoi discorsi, te ne sei accorta?> disse Paladin in tono scherzoso.

<Buffone.> replicò lei.

<Scherzi a parte, complimenti: hai recitato alla perfezione il ruolo della donna d’affari.>

<Mi preparo sempre meticolosamente quando devo interpretare una parte. Un buon agente segreto deve essere anche un buon attore.>

<Allora tu potresti candidarti all’Oscar. Mi chiedevo… Ebbing deve aver fatto dei controlli su quel fondo che hai nominato.>

<Esiste veramente. È una società di copertura dello S.H.I.E.L.D. e Margaret Atwell figura realmente tra i suoi dirigenti, è uno dei miei alias ovviamente.>

<Ovviamente.>

<Alla chiamata di Ebbing ha risposto qualcuno che con gentilezza gli ha spiegato che Margaret Atwell e Philip Louis Dean lavoravano effettivamente lì ma non erano disponibili perché in viaggio d’affari su cui non chi ha risposto non era autorizzato a fornire particolari.>

<Tutto qui? Da quanto ne so, tu non sei più un agente dello S.H.I.E.L.D., perché avrebbero dovuto coprirti… e coprire anche me?>

<Procedura standard. Ovviamente la cosa è stata segnalata a Nick Fury che ha sicuramente detto di confermare tutto se qualcun altro avesse richiamato.>

<Uhm… non dirmi che anche Fury subisce il tuo fascino.>

Sharon fece un sorrisetto e replicò;

<Nick si sente in colpa per avermi mandato anni fa in una missione segretissima in cui sono quasi stata ammazzata… ed ho subito anche di peggio.>

<C’entra il Tap-Kwai e quel generale che hai fatto secco quando siamo andati lì?>[3]

<Non intendo parlarne adesso.> replicò Sharon e la durezza dei suoi occhi fece capire a Paladin che non era il caso di insistere.

Mentre prendevano posto in auto Sharon chiese al suo compagno di squadra:

<Hai registrato tutto?>

<Sì, queste microcamere negli occhiali sono eccezionali. Non è roba che si trova nei comuni negozi di elettronica.> rispose lui.

<Quando mi sono dimessa, ho… dimenticato di restituire un po’ di equipaggiamento e nessuno me l’ha richiesto indietro.>

Paladin rise divertito.

<Sei decisamente il mio tipo di donna, Miss Carter.>

<Credevo che non avessi un tipo.>

<Devi conoscermi meglio, dolcezza.>

<Ti conosco già abbastanza.>

 

 

Florida.

 

Un uomo elegante si alzò dal suo tavolo e si avvicinò a quello di Jack Monroe..

<Questa sì che è una sorpresa interessante.> disse <Dicevano che eri morto, Monroe.>

Jack alzò gli occhi verso l'uomo e disse:

<Deve avermi scambiato per qualcun altro, mister. Io mi chiamo Jim Madison e non l'ho mai vista prima d'ora.>

L'uomo si sedette davanti a lui e con calma replicò:

<Sei decisamente un pessimo bugiardo, Monroe. Non sei cambiato abbastanza in questi anni da potermi ingannare. Hai accorciato i capelli ma porti ancora gli stessi occhiali a specchio e quello smanicato da teppista.>

Negare ulteriormente sarebbe stato da stupidi, e Jack lo sapeva bene. Fece una smorfia e rispose infastidito con una battuta.

<Fa troppo caldo per indossare il trench, suppongo.>

<In realtà sapevo che non eri morto> proseguì l’altro <Ed ero certo che prima o poi le nostre strade si sarebbero incrociate di nuovo.> disse ancora l’uomo, mostrandogli un sorriso saccente

 <A proposito, come sta la piccola Bucky? Si trova bene con i suoi genitori adottivi? Sono certo che lo sai.>

Jack serrò le labbra ed i pugni, poi si rilassò e rispose:

<Sta benissimo, è felice e sono convinto che lo rimarrà finché io e te le staremo lontani, Epurer.>

Giscard Epurer, noto anche come il Banchiere dei Favori, si limitò a fare un sorrisetto, poi replicò:

<Ammetto che né e io né tu vinceremmo mai il premio come “genitore dell'anno” ma non parliamo di questo. La fortuna ha voluto che tu arrivassi da queste parti proprio al momento opportuno per risolvere un mio seccante problema.>

<Non ti devo niente, Epurer. Per colpa delle tue manipolazioni la madre di Bucky è morta ed io sono stato quasi ammazzato.>[4]

<Ma una pericolosa organizzazione neonazista è stata distrutta, non credi che ne sia valsa la pena?>

Jack tacque per qualche istante poi disse:

<Vieni al punto, Epurer.>

<Ti piacerà: si tratta di rovinare i piani di un’organizzazione di trafficanti di droga, armi ed esseri umani.>

<Dimmi di più.> replicò, semplicemente, Jack.

<Ah, sapevo che avrebbe risvegliato il tuo interesse.> affermò, ridacchiando, Giscard.

Jack doveva ammettere che quell’uomo sapeva come spingere i tasti giusti con lui- ma non poteva farci nulla.

 

 

Connecticut.

 

Steve Rogers non era tipo da sorprendersi troppo, specie quando c'era di mezzo Nick Fury.

Il fatto che Nick non fosse in divisa ma in abiti borghese gli fece intuire che quella non era una delle solite visite per affibbiargli una qualche missione rognosa.

Si chiuse la porta alle spalle, avanzò verso il suo visitatore e disse:

<Le tue visite sono sempre gradite, Nick, ma ogni tanto potresti anche avvisare che passerai.>

<Mi piace fare delle sorprese agli amici.>

<In questo sei un vero maestro, peccato che le tue sorprese di solito portino guai. Di che si tratta stavolta? Deve essere roba grossa se ti sei scomodato a venire di persona.>

<Che tu cui creda o no, avevo solo voglia di vedere un amico. Quanto ai guai, l'Hydra me ne sta dando più che abbastanza anche a livello personale.>[5]

<Parli di tuo figlio, Mike? Ho sentito che è stato sostituito da un clone[6] e….>

<È ancora vivo, ne sono sicuro. Quel verme di Strucker non rinuncerebbe mai a tormentarmi tenendolo prigioniero magari per avere il piacere di ucciderlo davanti ai miei occhi, piacere che non intendo dargli.>

Steve sapeva esattamente come si sentiva Nick. Da quando aveva appreso dell’esistenza di sua figlia Shannon non passava giorno che non pensasse rammaricandosi di essere troppo assente dalla sua vita. Forse Fury si stava illudendo ma non sarebbe stato lui a puntualizzarlo.

<Se posso fare qualcosa, Nick, conta pure su di me.> disse con convinzione.

<Grazie, sapevo che avresti reagito così e te ne sono grato.>

I due uomini rimasero in silenzio per un po’ poi Fury disse:

<Immago che un dannato salutista come te non abbia della birra in frigo.>

<Immagini giusto, Nick.>

<Speravo che quello schianto della Puentes ti avesse traviato almeno un po’. A proposito, dov’è adesso?>

<Aveva qualcosa da discutere con un suo cugino a New York. Ha detto che mi avrebbe spiegato tutto al suo ritorno.>

<Le donne, un mistero insondabile per noi poveri maschietti. Beh, immagino che da queste parti ci sia qualche locale dove trovare del whisky e della birra decenti, che ne dici di accompagnarmi?>

Steve sentiva che non era solo la rimpatriata con un vecchio amico che Nick stava cercando e così replicò:

<Mi farà molto piacere, Nick.>

 

 

New Orleans.

 

La squadra aveva preso alloggio in uno dei migliori Hotel della “Big Easy “[7], dove, a quanto pareva, Paladin, o meglio Monsieur Dean, era un cliente conosciuto ed apprezzato e gli fu assegnata una delle migliori suite. Il fatto che fosse in compagnia di tre donne non parve suscitare particolare sorpresa o meraviglia tra il personale.

Sharon e Paladini cenarono nel ristorante dell’hotel mentre le altre due preferirono farsi portare la cena in camera.

 Paladin ordinò anche per Sharon le specialità locali e discusse con il sommelier il vino. Alla fine della cena lasciò una mancia molto generosa. Sharon ammise tra sé e sé che poteva anche essere uno sbruffone ma aveva stile.

Subito dopo salirono nella suite. Sharon fece un sorrisetto pensando che l’azione che li attendeva quella sera sarebbe stata ben diversa da quella che forse si immaginava il personale dell’hotel. Pochi minuti dopo quattro figure abbandonavano la suite usando una specie di deltaplano.

Un breve volo li portò sopra il palazzo dove aveva sede la Dynaco. Atterrarono, si sbarazzarono delle imbracature e raggiunsero la porta d’accesso. Fu un gioco da ragazzi per loro forzarne la serratura.

Sharon si rivolse a Diamante e Yukio:

<Voi restate qui di guardia a scanso di sorprese.>

<Insomma ci volete privare del divertimento.> ribatté Yukio.

<Dubito che ci sarà quello che tu chiami divertimento.> tagliò corto Sharon.

Lei e Paladin raggiunsero il quindicesimo piano usando le scale. Sharon azionò un congegno che spegneva tutti gli allarmi elettronici.

<Ora dobbiamo solo sistemare le guardie.> disse..

<Nulla di più facile.> affermò Paladin.

Aprì con cautela la porta che dalle scale dava nel corridoio e vide un uomo in uniforme fermo davanti alla porta della Dynaco ed un altro che percorreva il corridoio.

<Io prendo quello alla porta, tu quello che sta venendo verso di noi.>

Sharon annui. Avrebbe preferito qualcosa di più soft ma non c’era scelta.

Spalancarono la porta e contemporaneamente Paladin sparò alla guardia alla porta mentre la seconda riceveva un calcio in faccia da Sharon.

L’azione era durata solo un paio di secondi e le due guardie erano a terra.

<Con cosa l’hai colpito?> chiese Sharon a Paladin indicando l’uomo steso a terra davanti alla porta della Dynaco.

<Scarica elettrica ad un’intensità tale da metterlo fuori combattimento senza grandi danni. Si risveglierà con un po’ di nausea e mal di testa. Il tuo, temo invece che avrà bisogno di un buon dentista.>

Sharon scrollò le spalle e si mise al lavoro sulla serratura della porta aprendola rapidamente.

Con altrettanta rapidità ed efficienza raggiunsero l’ufficio di Ebbing e vi entrarono.

Gli occhiali speciali che lei e Paladin avevano indossato durante la loro visita avevano rivelato l’esistenza di uno scomparto segreto nascosto in una parete. Considerato che incassata nella parete c’era incassata una cassaforte a muro, a cosa serviva quell’ulteriore scomparto se non a nascondere qualcosa che Ebbing considerava veramente prezioso. Sharon avrebbe scommesso qualunque cosa che fosse proprio quello che cercavano.

Quando riuscì ad aprire lo scomparto in questione vide che l’unica cosa al suo interno era proprio una chiavetta USB.

<Bingo!> esclamò soddisfatta.

<Vi consiglio di restare fermi dove siete.>

Sharon non ebbe bisogno di girarsi per sapere che era la voce di Dermot Leary.  Che ci faceva lì a quell’ora? Non aveva molta importanza. Ciò che contava era che si erano fatti sorprendere come dilettanti. Sharon era furiosa con se stessa. Come aveva potuto essere così disattenta?

Leary proseguì::

<Siete sotto il tiro di due uomini armati più il sottoscritto. Alzate le mani e voltatevi lentamente, molto lentamente.>

Sharon strinse le labbra e si preparò a reagire.

Non ne ebbe il tempo. Si udì il rumore di un finestra infranta e subito dopo un grido acuto.

Prima che potessero abbozzare una reazione una donna giapponese in calzamaglia colpì gli uomini ai lati di Leary abbattendoli a calci e colpi di karate mentre qualcos’altro colpiva Leary stesso alla base del collo facendolo cadere svenuto.

<Pare che siamo arrivate giusto in tempo per salvarvi le chiappe.> commentò Diamante in piedi nel vano della porta dell’ufficio..

<Ce la saremmo cavata ugualmente, ma grazie.> disse Sharon.

<Ve ne eravate andate da poco quando è arrivato un elicottero con questi tizi.> spiegò Diamante <Per fortuna noi ci eravamo nascoste.. Abbiamo capito che c’erano guai in arrivo e gli siamo andate dietro. O meglio: io l’ho fatto, questa matta di una giapponese si è gettata dal tetto.>

<Scendere le scale è poco divertente e nei palazzi americani ci sono tante aste di bandiera a cui aggrapparsi.> ribatté ridacchiando Yukio.

Sharon scosse la testa poi guardò gli uomini a terra.

<Non hanno l’aria di impiegati della Dynaco.> disse.

<Io direi piuttosto che sono dei gangster. Sudamericani direi.>

<I famosi finanziatori di Ebbing probabilmente.> aggiunse Paladin mentre raccoglieva da terra una valigia sfuggita di mano ad uno degli uomini che accompagnavano Leary <E direi che erano qui per una di quelle transazioni che non si possono fare alla luce del sole.>

<Che intendi fare?> gli chiese Sharon ma giù sapeva la risposta.

<Me la porto via. Bottino di guerra.>

Sharon non replicò e si limitò a dire:

<Muoviamoci.>

In pochi minuti erano scomparsi.

 

 

Qualche ora più tardi.

 

Harry Ebbing era furioso ma anche preoccupato. Dermot Leary aveva l’aria demoralizzata.

<Ma è possibile che non siate riusciti nemmeno a capire chi fossero?> urlò Ebbing.

<Si è svolto tutto così in fretta che non siamo nemmeno riusciti a vederli in faccia.> rispose Leary <Anche se…>

<Anche se…?>

La bionda in tuta bianca… ho la sensazione che fosse la stessa che è venuta qui nel pomeriggio. Come si chiamava? Atwell.>

<Ne sei sicuro?>

<Non al 100% ma … dovessi scommetterci direi di sì.>

<Se hai ragione, potremmo riuscire a rintracciarli.>

<Dubito che siano rimasti ad aspettarci e comunque non erano certo ladri comuni. Sapevano cosa cercare e l’hanno trovato.>

<Ed io vi consiglio di ritrovarlo alla svelta, Señor Ebbing.> intervenne uno degli uomini che erano con Ebbing che aveva un pesante accento di un qualche paese sudamericano <Il contenuto di quella chiavetta è per noi più prezioso del contenuto della valigetta che mi hanno rubato… e molto più pericoloso.. Se finisse nelle mani sbagliate ci sarebbero conseguenze molto spiacevoli… per lei per primo.>

<Mi sta minacciando?> ribattè Ebbing.

<Le sto dando solo un avvertimento. Io sono un uomo ragionevole ma nel Cartel che rappresento ci sono hombres muy malos, uomini molto cattivi, davvero molto cattivi.>

Non c’era dubbio che fosse una minaccia molto concreta. Ebbing si passò un dito sul colletto come a volerlo allentare. Infine disse:

<Forse ho chi fa al caso nostro ma vi avverto che costerà parecchio.

<El dinero no es un problema, Señor Ebbing, quando si ottengono i risultati sperati.>

Il messaggio era chiarissimo.

 

 

Manhattan, New York.

 

Donna Maria Puentes e suo cugino Jorge erano seduti su una panchina a Central Park.

Il ragazzo le aveva da poco dato una notizia che aveva messo a soqquadro la sua vita.

Aveva indugiato nel farlo; Donna Maria si era rifatta una vita a New York e aveva iniziato una storia che pareva essere molto seria con un uomo di cui era molto innamorata.

Una parte di lui si era pentito di averlo fatto, ma presto o tardi Donna Maria ne sarebbe comunque venuta a conoscenza.

La donna aveva lo sguardo fisso davanti a sé, ma la sua mente era altrove.

<Ascoltami Maria, forse ...>

<L’hai portata?>

<Si certo ... ma quello che volevo dirti ... è che non sei tenuta a farti coinvolgere. Sono passati anni e ...>

<Jorge, ti prego, niente prediche, non sono dell’umore. Fammela vedere, ti prego.>

<Come vuoi ...>

Le passò una busta, Maria l’apri e tirò fuori la foto che conteneva.

Anche a distanza di anni non poteva dimenticare quel volto.

Era un po’ più vecchio, appariva decisamente provato, ma era sostanzialmente lo stesso che ricordava.

<Mio dio... è proprio lui ... è ancora vivo!> esclamò, con gli occhi che le si inumidirono.

La foto ritraeva l’uomo che, nella sua patria era noto come El Libertador.

Anni fa, il suo paese era noto come Rio de Muerte e soffriva sotto il giogo della famiglia Santiago. Alla morte del dittatore Hector Santiago, si formò una frangia di ribelli che si battè per ottenere la libertà. Donna Maria era stata una delle fondatrici.

Ma i ribelli nonostante i loro sforzi sembravano destinati alla sconfitta, quando a loro si unì uno straniero, un gringo che si fece condottiero e invertì le sorti della rivoluzione.

Per questo motivo venne soprannominato El Libertador.

Quest’uomo non conquistò soltanto gli animi del paese ma pure il cuore di Donna Maria.

Grazie alla sua guida e al suo esempio, Rio de Muerte conquistò la sua libertà, cambiando il proprio nome in Rio Valente. La rivoluzione ebbe le sue vittime e i suoi martiri e El Libertador fu tra queste.

Almeno così sembrava.

Era venuto fuori che il cadavere che il regime aveva mostrato per stroncare gli animi dei ribelli (ottenendo però l’effetto contrario) non era in realtà il suo.

Il rapporto che Donna Maria stava leggendo diceva come egli in realtà fosse stato catturato dai soldati di un altro paese, la Delvadia, e che fosse rimasto rinchiuso per decenni nella prigione di stato.

Oggi, con il nuovo governo in carica in quel paese, era stato finalmente rilasciato. Un uomo che Donna Maria aveva amato in tutti i modi possibili, che considerava morto, ritornava prepotentemente nella sua vita.

Che cosa doveva fare?

 

 

New Orleans.

 

Harry Ebbing ricevette nella sua villa due insoliti ospiti che condusse subito nel suo studio privato

Erano un uomo e una donna, indossavano entrambi una cappa da cui spuntavano, su braccia e gambe, parti metalliche.

Lui era più maturo, aveva i baffi e i lunghi capelli castani spruzzati di bianco e raccolti in una coda.

Lei era più giovane, aveva i capelli corti e biondi e, nonostante fosse molto bella, incuteva timore con il suo sguardo.

Una volta chiusasi la porta alle spalle si rivolse ai suoi particolari ospiti andando dritto al punto.

<Di recente è accaduto qualcosa di disdicevole all’interno della sede della mia società. Una falla nella sicurezza ha fatto sì che si sia verificato un furto.> Ebbing girò il suo portatile verso i due ospiti, mostrando loro le foto di un uomo e una donna prese dalle telecamere della sicurezza.

<Affermano di chiamarsi Margaret Atwell e Paul Louis Dean Ovviamente, si tratta di nomi fittizi. Mi hanno avvicinato con la scusa di farmi una proposta d’affari e la stessa notte sono tornati e si sono impossessati di un oggetto per me molto prezioso, una chiavetta USB contenente informazioni molto importanti per la mia azienda. Il vostro incarico è rintracciare questa coppia ed i loro eventuali complici e mandanti e riportarmi la chiavetta. Cosa ne fate di loro lo lascio a vostra discrezione. Non mi importa come, la cosa che più conta è che riusciate a riportarmi quella chiavetta. È l’assoluta priorità.>

Prese un foglietto dalla scrivania, scrisse una cifra e passò il biglietto alla coppia.

<Questa è la cifra che vi propongo, se riuscirete nel vostro compito. Più, un sostanzioso bonus se riuscirete ad eliminarli. Che cosa mi dite, monsieur e Mademoiselle? Siamo in affari?>

L’uomo, che rispondeva al nome di Jean-Luc LeBeau scambiò uno sguardo d’intesa con la ragazza e rispose:

< Oui, monsieur Ebbing, siamo in affari. La Loggia dei Ladri fa proprio al caso suo.>

<Lo stesso vale per la Loggia degli Assassini> gli fece coro Belladonna Boudreaux <Non sarà affatto un problema per noi eliminarli.>

 

 

Hawaii.

 

Wesley lavorava per Wilson Fisk da così tanti anni che pochi si ricordavano un periodo in cui non l’avesse fatto. Nessuno sapeva nemmeno con certezza se Wesley fosse il suo nome o il cognome. Per tutti era solo e semplicemente Wesley e per quanto fosse apparentemente un ometto insignificante col muso da topo ed occhiali spessi e con l’aria da ragioniere, tutti stavano molto attenti con lui, visto che era la persona più vicina al grande Kingpin.

Tutto questo apparteneva al passato.

Oggi Wilson Fisk non era più il Kingpin del Crimine della costa orientale degli Stati Uniti ma un comune commerciante di crostacei in un paradiso turistico.

Naturalmente a volte le apparenze ingannano.

Nella veranda della villa di Fisk Wesley si rivolse al suo datore di lavoro:

<Non capisco, Signore, perché ha incaricato proprio Miss Carter del recupero?>

<Perché la squadra della Carter è composta da gente che non si ferma davanti a nulla e la loro etica impedirà loro di tradirmi.>

<E se decidessero di consegnare la chiavetta alle autorità piuttosto che a lei?>

Fisk abbozzò un sorriso e rispose:

<In questo caso avrei comunque tolto Ebbing dal gioco e non potrebbero accusarmi di nulla. Alla fine sarei sempre io il vincitore...>

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DEGLI AUTORI

 

 

            Poche ma interessanti note stavolta, cominciamo subito:

 

1)    Giscard Epurer è un personaggio creato da Fabian Nicieza & S. Clark Hawkbaker su Nomad Vol 2° #1 datato maggio 1992 ed è stato un comprimario ricorrente di quella serie fino alla sua conclusione. Due anni dopo.

2)    Harry Ebbing, sua moglie Laura ed il suo assistente Dermot O’Leary sono stati creati da Garth Ennis & Goran Parlov su Punisher Vol. 7° #31 datato maggio 2006.

3)    Bella Donna Boudreaux è stata creata da Scott Lobdell & Jim Lee su X-Men #8 datato maggio 1992.

4)    Jean-Luc LeBeau è stato creato da Howard Mackie & Lee Weeks su Gambit Vol. 1° #1 datato dicembre 1993.

5)    Nick Fury appare qui tra Nick Fury 14 e 15

Nel prossimo episodio: la squadra di Sharon si trova di fronte avversari molto determinati come se la caverà? Steve e soci hanno i loro guai. Apprendiamo di più sulla “missione” di Nomad ed in più il ritorno di Aleksandr Lukin e non solo,

 

 

Carlo & Carmelo



[1]Perché hanno trascorso la notte insieme e Jack non l ha presa bene. È tutto nello scorso episodio.

[2] Il protagonista dei film “Wall Street” e “Wall Street - Il denaro non dorme mai” di Oliver Stone ma se non lo sapevate già, vergogna.

[3] Negli episodi #38/40..

[4]Su Nomad Vol. 2° #22/25 inediti in Italia.

[5]E voi lo sapete se leggete il nostro Nick Fury.

[6] Su Nick Fury #9.

[7] Nomignolo di New Orleans.